A CENA CON I PROFF

Si è svolta il 17 marzo la quarta delle cene pensose del corrente anno accademico. Fil rouge tra i vari tavoli è stato la questione tanto discussa dell’etica: l’uomo crea da sé un’etica oppure è insita già nel cuore dell’uomo?

Il tavolo guidato da Assuntina Morresi – Docente del Dipartimento di Chimica dell’Ateneo perugino – ha affrontato i temi dell’eutanasia e del suicidio assistito, ponendosi interrogativi circa chi o cosa tali pratiche, se legalizzate, siano volte effettivamente a tutelare. La Prof.ssa Morresi ha sostenuto che, sebbene oggi sempre più persone credano nell’esistenza del cosiddetto “diritto alla morte” e dunque pretendano che lo Stato si faccia garante dei mezzi al fine di poterla realizzare, in realtà tale “diritto” non ha un fondamento naturale e di conseguenza l’eutanasia, che si fonda su di esso, non dovrebbe essere legalizzata. Infatti l’eutanasia tutelerebbe la scelta di vivere o morire da parte del singolo e non la vita in sé, significando che vita e morte verrebbero equiparate e poste sullo stesso piano come alternative altrettanto valide. Tale presunta uguaglianza tra queste due opzioni è contrastata dall’istinto naturale dell’uomo per la salvezza e la conservazione della vita, istinto che ha trovato piena applicazione proprio nella medicina, alla base della quale c’è una scelta preferenziale per la vita.

I partecipanti al tavolo guidato da Paolo Valigi – Docente del Dipartimento di Ingegneria – hanno avuto l’occasione di confrontarsi per comprendere meglio le implicazioni della robotica e delle intelligenze artificiali sulla vita dell’uomo. Importante è stato l’invito del docente a non radicalizzare le paure e diffidenze su questi nuovi strumenti della tecnica senza tuttavia esserne inconsapevolmente trasportati; ha fatto inoltre capire che la percezione e la considerazione del fenomeno risente molto della cultura e della civiltà propri di ogni Paese, che quindi bisogna ben valutarne i rischi e i benefici. E’ necessario che ciascuno ordini al bene questi strumenti perché diventino mezzo per fare della propria vita un dono e un capolavoro. Il professore è riuscito a rendere gli studenti più consapevoli grazie ai molti stimoli che ha loro offerto per la riflessione e a rispondere alle loro domande senza scadere nel tecnicismo o nella lungaggine.

Il tavolo guidato da Antonio Allegra – Docente del Dipartimento di Scienze del linguaggio – ha fatto una riflessione su ” L’arte di essere fragili “. La fragilità è una dimensione costitutiva dell’essere umano di cui egli stesso, però, si vergogna; riconoscerla implicherebbe accettare di non essere autarchico, libero dalle relazioni che, invece, costituiscono l’essenza propria dell’uomo in quanto essere sociale e gli consentono, mediante il linguaggio, di assumere sempre più l’autentica condizione umana. L’uomo deve imparare a trasformare la propria fragilità in un punto di forza, a mettersi in rapporto con essa per crescere e cambiare la propria vita; sfruttare al meglio la sofferenza per far si che non sia stata vissuta invano, nonostante la società odierna cerchi in tutti i modi di anestetizzarla. Il discorso si è incentrato sulla dimensione della cura, necessaria in ogni fase della vita, dalla più delicata a quella che sembrerebbe esserne più indipendente, e della libertà che viene falsamente considerata come indipendenza. Si è ragionato su casi specifici quali: la libertà di cambiare sesso che indica un rifiuto dei limiti della natura, l’atto di riconoscere come forma di libertà lo stare dentro alle responsabilità che ci si assume, l’avvento del transumanesimo ed altri esempi attuali. La cena si è conclusa con la seguente considerazione: è necessaria ed alquanto urgente una riflessione seria sul bisogno di ristabilire un equilibrio antropologico; l’uomo deve prendere consapevolezza del suo essere narcisista e di quanto questa condizione lo porti a non rispettare il suo “vicino”, la natura, il mondo in cui vive.